domenica 28 febbraio 2010

Immagina...

Alla fine piú ci immedesimiamo, piú vuol dire che il film o il libro in questione ci piace.

Alla fine sta tutto lí. Nella capacitá del regista o dell'autore di farci partecipare nella storia. Di emozionarci. Di farci pensare "e se io fossi in quella situazione?"

Ho immaginato molto in questo mese. Non sto a fare critica cinematografica, sto solo parlando di quello che ho pensato, immaginato, cosa ha destato la mia curiositá, in chi mi sono, anche solo per un secondo, immedesimata.

"Precious" da un lato ti fa venire voglia di dimenticare il film appena sei uscito dalla sala. È la storia di una ragazza afroamericana grassissima, violentata da suo padre da quando aveva tre anni, picchiata dalla madre, analfabeta, madre di due bambini frutto dell'incesto paterno...La storia scorre e tu dici "no, poveretta", "no dai anche questo...." "noooo adesso tira il bambino per terra....", "Noooooo ci mancava pure l'Aids...". Aiutoooooo!

Dall'altro lato peró, alla fine c'è speranza anche per Precious. Nonostante le sia successo tutto il peggio che ti possa succedere nella vita, ha la fortuna di vedere la luce in fondo al tunnel. Precious nonostante tutto conserva un po' di amor proprio. E ce la fa.

Mi immagino nella sua situazione di Precious e penso che mi sarei giá buttata giú da un ponte.

Ma forse se cresci in mezzo all'odio assoluto sviluppi una corazza di ferro, ti isoli dentro te stessa e in fondo all'anima resta sempre qualcosa che brilla, anche se con una luce molto tenue, quasi impercettibile. C'è sempre una possibilitá di riscatto per tutti, se la si cerca. Questa è la conclusione che ho tratto dal film.



"Up in the air" mi è piaciuto tantissimo. Adoro questo protagonista felice della sua "non vita", nelle sue rassicuranti "non relazioni" in un perenne "non luogo": l'aeroporto, l'hotel a 5 stelle, gli uffici moderni. E ovviamente egli sta facendo un "non lavoro": la sua azienda non produce niente, è il ritratto di Dorian Gray della nostra societá.
Il lavoro, la missione, del protagonista è quella dell'angelo della morte contemporaneo: nella nostra societá capitalista l'imperativo è la produzione, se non produci non servi, sei da buttare, sei morto=sei licenziato.
Sarei capace di fare il lavoro di George Clooney? No, penso proprio di no. Se fossi sul lastrico e mi costringessero ad accettare un lavoro che consiste nel licenziare persone sono sicura che andrei in depressione al primo giorno.
Mi ha fatto riflettere molto su cosa la nostra societá ci ha messo in testa, sulla definizione di lavoro=stipendio a fine mese. E molte persone rinunciano a vivere per quello stipendio, o identificano lo stipendio con la vita.

Ma il film a cui penso intensamente da piú di un mese, che mi scalda il cuore, è "Invictus". Sará una visione parziale, sará naif, non avrá la prospettiva o la distanza storica per parlare di un personaggio e di avvenimenti cosí recenti, sará utopico, sará retorico....Come tutte le cose, possiamo metterci a criticarlo ma cosa volete che vi dica, a me è piaciuto tantissimo. Lo adoro.
Sono uscita dalla sala contenta, con la voglia di sapere molto di piú su Nelson Mandela, ma attenzione, non per erigerlo a mio eroe personale.

Mandela all'inizio ci provó con le buone. Con proteste pacifiche stile Gandhi che peró non portarono a niente. E allora incitó il popolo alla lotta armata. A colpire obiettivi politici. Non uccise persone, ma promosse atti terroristici. E fu messo in carcere per 27 anni.

Sicuramente ebbe tempo per pensare e per elaborare la sua filosofia politica. Quando fu eletto presidente nel '94 la situazione era a dir poco esplosiva. Fomentare qualsiasi tipo di tensione avrebbe portato alla guerra civile.I neri volevano vendetta e i bianchi se l'aspettavano.

La strumentalizzazione dello sport e dei mondiali di rugby per creare coesione nazionale mi sembra un geniale uso della politica. Come diceva Max Weber, la politica è una lotta, è l'esercizio della spartizione del potere o della sua conservazione con obiettivi ideali o egoisti. Gli obiettivi di Mandela erano sicuramente ideali.

Quelli di Berlusconi sono evidentemente egoisti.

"Invictus" mi ha fatto pensare che la politica serve a qualcosa, che puó essere messa al servizio del bene collettivo, per qualcosa di piú grande che il tornaconto personale. E di questi tempi, servirebbero molte lezioni politiche di questo tipo.

mercoledì 24 febbraio 2010

Antropologia? What does it mean?

Ebbene si, mi sono laureata in Antropologia Sociale e Culturale (oooooohhhhhhh).
Potrei iniziare a vestirmi un po' hippy e un po' alternative, comprare degli occhiali da vista vintage, fare l'intellettualoide neoprogressista postmodernista decostruttivista no?

Adesso posso dire che sono Antropologa. Aaaaaaaaaahhhhhhhhhh........

In realtá, scusate la presunzione, penso di esserlo, o meglio, mi sento di esserlo, da quando avevo 10 anni. Si, si, si, lo giuro. È uno stato d'animo, piú che un mero titolo accademico.

La prima persona che mi ha parlato di antropologia culturale è stata la mia maestra delle elementari, che si chiamava Melina, era buona come il pane e l'abbiamo fatta scappare perché eravamo una classe di scellerati e a lei è venuto un esaurimento nervoso. O almeno, cosí mi pare di ricordare.

Comunque, per farci capire il perché delle guerre tra i popoli, questa maestra ci diede una fotocopia scritta con la macchina da scrivere che spiegava tre concetti, tre forme di relazione e confronto etnico: scontro, integrazione e interazione. E di ogni concetto faceva degli esempi storici. Dal di lí ci spiegó a grandi linee il nazionalismo, il razzismo, il genocidio.....

Mi colpí. Era una lezione di storia molto diversa dalle altre. Cercavamo di capire il perché delle cose, non solo memorizzare una sequenza di fatti in ordine cronologico. Cercavamo di capire i meccanismi sociali e di potere che portavano a certi eventi. O almeno, io ci provavo a capirlo. Ma ero ancora molto piccola.

E poi a casa trovai un dizionario di quando mio padre studiava sociologia, il Dizionario di Antropologia Culturale. Me lo portai in camera, ogni tanto lo sfogliavo e lo leggevo, ma non sapevo a cosa servisse. E poi davo un'occhiata alla tesi di laurea di mio babbo sullo studio della dipendenza dalla droga e dicevo "ma pensa un po' te...che storia pesa...".

E poi all'Universitá uno degli esami che mi interessó di piú fu Sociologia della Letteratura. Nonostante penso ancora che il professore fosse completamente idiota, devo ammettere che mi sembro' affascinante analizzare il contesto sociale della letteratura e dei suoi protagonisti. Il perché e il per come certe cose si possono scrivere in certe societá e determinate epoche e in altre no. Il controllo, la censura....

Insomma adesso ho il titolo di antropologa, ma non ho risposte alcune. Anzi, ho sempre piú dubbi e sempre piú domande. Ma che vi devo dire, questa cosa mi piace un sacco!

Non sapete quante volte mi sono trovata a spiegare cos'è l'antropologia culturale...è una scienza? Non lo so...a volte penso di si ma poi mi dico cos'è la scienza? cos'è la conoscenza? Insomma meglio non partire dal di lí perché non se ne viene a capo.

Comunque, l'idea che mi sono fatta è che l'antropologia odierna sia principalmente uno sguardo, un approccio, un modo di avvicinarsi alla realtá, di studiare l'uomo e la societá in quanto costruzione culturale.

È un modo di mettere da parte preconcetti e pregiudizi e gettare uno sguardo su ció che percepiamo como diverso o semplicemente interessante.

Riflettere, comparare, analizzare....

UNIRE, senza confondere.
DISTINGUERE, senza separare.
CAPIRE, CONOSCERE A FONDO, senza giudicare.
Per me questa è la gran lezione dell'antropologia. Ed è una lezione splendidamente UMANA.

domenica 7 febbraio 2010

Discorsi circolari.

Se il linguaggio non serve solo per descrivere la realtá, ma la costruisce e la crea, i discorsi circolari generano una realtá circolare.
Non parlo di tautologie, ma di discorsi circolari.

Sono quei discorsi che ciclicamente tornano nelle nostre vite e con le stesse persone.

Che parlano di quei difetti che non sopportiamo l'uno dell'altro.

Delle stesse mete che vogliamo sempre raggiungere.

Della mentalitá che vogliamo cambiare.

Delle buone intenzioni che non mettiamo mai in atto.

Dei progetti che ad un tratto ci sembrano concreti e fattibili ma che poi non facciamo.

Si arriva a punto in cui sembra che il cerchio si spezzi, che si trasformi in una linea retta che avanza. Poi torni allo stesso discorso, se hai fortuna un po' cambiato o evoluto, ma in sostanza lo stesso.

Mi sono accorta dei miei discorsi circolari: quelli con Rafa, con i miei, con le mie amiche piú care....gira che ti rigira si torna a girare. Ma, attenzione, non sono discorsi senza senso. Forse ci servono per riportarci sempre sui nostri punti piú deboli, sulle cose che non riusciamo mai a cambiare veramente. I discorsi circolari mettono il dito nella piaga.

Fa male. Ma fa bene tornarci su e cercare di spezzare il cerchio.

venerdì 5 febbraio 2010

Brainstorming

Cioè, e questo aereo che non cade?
E la gente sull'isola? Sono due dimensioni parallele?
Sono tutti morti o no?
E la gente nel tempio? Quella specie di comunitá hippy armata che funzione ha?
Dovrei studiare per l'ultimo esame che mi resta da fare invece di pensare a Lost, no?

Non dovrei mica perdere tempo, eh no no no. Ma è inevitabile. Ad esempio, ieri ho perso tutta la mattina per un colloquio per un lavoretto all'universitá mal pagato. Beh, per un posto c'erano circa 80 persone! OTTANTA per un posto per dare informazioni agli Erasmus. Vogliamo scherzare?

Almeno con me si sono divertiti. Quando mi hanno chiesto in inglese se ero mai stata in Inghilterra gli ho raccontato "si una volta, sono arrivata il giorno in cui è morta Lady D. Il paese era sconvolto e paralizzato per il funerale. Ho avuto l'impressione che gli inglesi fossero tutti isterici, ma vorrei tornare a Londra per avere una seconda impressione."

Saranno cose da dire a un colloquio???

Comunque almeno sembravano divertiti.

lunedì 1 febbraio 2010

Benvenuto Febbraio

Come ogni anno, sono molto contenta che sia finito gennaio.
Gennaio è freddo, troppo, troppo, troppo lungo.
Senza luce, gelido, pieno di cose da pagare, di scadenze, di moduli, di cose noiose e brutte.

Febbraio ha 28 giorni, mi sta simpatico perché è il mese del carnevale, ti fa pensare che la primavera è sempre piú vicina.

E poi febbbraio mi fa venire in mentre febbre, ma non nel senso di malattia. Febbre di fare cose nuove, di iniziare seriamente i nuovi propositi dell'anno appena cominciato, febbre di vivere insomma.

Febbraio non porta sfiga come gennaio, e poi è il mese dell'aquario e dei pesci, due segni che mi piacciono molto.

Benvenuto febbraio, vedi di comportarti bene, sopratutto il giorno del concorso di mia sorella!