lunedì 26 ottobre 2009

Il sentimento di questo lustro.

Non lavorare non significa non fare niente, anzi.
Il tempo, anche da disoccupato, non è mai abbastanza, ci sono mille cose da fare e mille cose che potresti fare e che DEVI cercare di fare, per tentare di supplire quel vuoto che la societá di fa pesare, cioè il non essere remunerato per svolgere un'attivitá.

Perché alla fine se non sei pagato per fare qualcosa, passi direttamente alla categoria dei non integrati nei meccanismi sociali corretti.

Cosa genera tutto ció? La frustrazione.

La frustrazione penso che sia il sentimento generale degli ultimi 5 anni, per tutte le generazioni.

Per i nostri anziani, sempre meno considerati, sempre meno "utili" perché non produttivi, sempre piú parcheggiati in case di riposo, sempre piú trattati come bambini scemi.

Per i nostri genitori, che vedono crollare un modello di societá in cui, almeno in qualche momento, avevano nutrito speranze. Perché nella loro vita professionale si sono visti scavalcati da dei farabutti, perché nella vita politica sono rappresentati da una classe corrotta, perché vedono incerto il loro futuro e quello dei loro figli. Si chiedono dove sono andati a finire quegli ideali della gioventú, quel compromesso sociale, quella speranza nella crescita economica e nel lavoro per tutti.

Per noi ventenni e trentenni. Perché pensavamo che con un laurea avremmo ottenuto un grande traguardo. Ma anche con un master, con un dottorato, con un Toefl, con un Delf, con un Dele e con mille altri corsi, specializzazioni, diplomi...tutte cose che ci vendono, per farci spendere dei soldi con l'illusione di aprirci chissá quali meravigliose porte del dorato mondo del lavoro....lavoro qualificato, con un buon stipendio, dal lunedí al venerdi, paga di Natale e vacanze pagate...lavoro qualificato che non esiste per tutti.

Ma la frustrazione non si limita solo al lavoro.
La frustrazione permea tutti gli ambiti: devi essere glamour, con un corpo gradevole, con una mente allenata e vivace, seguire le nuove tendenze, andare alle mostre, andare al cinema, leggere almeno un libro al mese, fare sport, conoscere la medicina orientale, viaggiare tantissimo, fare volontariato, fare sesso una volta a settimana come minimo, uscire con gli amici, metter su famiglia, avere una casa da rivista di design, non devi essere banale, devi costruire la tua personalitá e il tuo aspetto giorno per giorno, ma non devi neanche centrarti troppo su stesso perché senza le relazioni sociali non sei nessuno, e quindi devi andare agli aperitii e alle feste, a conferenze e riunioni, a teatro e ai concerti.

Devi avere sempre una meta o un progetto per rispondere alla scomoda domanda " e tu di cosa ti occupi?".

Non ti fermi mai, ma vai realmente da qualche parte?

3 commenti:

luca ha detto...

ciò che scrivi è vero, drammatico, commovente.
ma dove mai andiamo, già, e perché la strada (personale, collettiva) è sempre più ingombra di farabutti?
esiste davvero una via d'uscita?

per ora, credo non ci si possa permettere di non sperare/pensare/fare qualcosa, che possibilmente sappia di futuro (nonostante in certi momenti tutto o quasi sembra essere contro).

un abbraccio forte, luca

Anonimo ha detto...

corri lentamente ed è bene ogni tanto fermarsi per ritovare sè stessi, un bacio mamma

Topens ha detto...

la mia risposta è: mi occupo di essere felice!baci
Topens